Un pannello fotovoltaico è a tutti gli effetti un RAEE (Rifiuto di Apparecchiatura Elettrica ed Elettronica) e il suo smaltimento è regolato dal Decreto Legislativo n. 49/2014 (Art. 40). Nonostante il ciclo di vita di un pannello fotovoltaico possa raggiungere i 25 anni, spesso, anche se ancora funzionanti, questi vengono sostituiti per resa energicamente insufficiente, in quanto non sono in grado di fornire la potenza nominale prevista dalla casa madre.
Il fotovoltaico ci piace. Adoriamo quei moduli speciali che sfruttano l’energia solare per produrre elettricità. Il colore brillante dei pannelli, quell’aria di autosufficienza perpetua, quella bandiera sul nostro tetto che urla “sono un prodotto ecologico” e poi il suo spirito di autonomia, il cielo che ci si specchia dentro, l’infinito sole che lo nutre. L’energia che tocchiamo con un dito. Senza far rumore. Ma come molte cose belle, anche questa ha vita breve. Quella dei pannelli fotovoltaici è circa 25 anni. E poi?
Proprio così. Il crescente numero di installazioni di pannelli solari sui tetti delle case o su quelli delle fabbriche o sui campi incolti, ci ha messo davanti agli occhi il tema della gestione dei rifiuti derivanti dai moduli fotovoltaici a fine vita.
C’è chi ha fatto anche una ipotesi. In Italia, se immaginiamo che la durata di un modulo sia pari a 20 anni, i moduli da smaltire nel 2033 – ossia 20 anni dopo il picco d’installazioni di pannelli fotovoltaici avvenuta nel 2013 – potrebbero arrivare a circa 18 GW. Stiamo parlando in termini di materiale di 1,44 milioni di tonnellate di moduli. Materiali che certamente non vanno smaltiti in discarica.
Facciamo un passo indietro. I primi a investire nella tecnologia fotovoltaica per la produzione di energia su larga scala e di conseguenza i primi a porsi il problema dello smaltimento dei pannelli e dell’introduzione di una legislazione in materia di gestione rifiuti siamo stati noi europei. La gestione dei rifiuti derivanti da moduli fotovoltaici è stata disciplinata con la Direttiva Europea 2012/19/UE sui Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) che ha incluso per la prima volta tra i RAEE anche i moduli fotovoltaici.
Le norme che regolano lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici in Italia.
In Italia in particolare esiste un quadro normativo che regola lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici. Si tratta del Decreto Legislativo n. 49 del 14.03.2014. Il Decreto è una vera e propria guida che ci indica non solo le tante strade da prendere, recupero, riciclaggio e riutilizzo e … smaltimento, ma ci fornisce anche delle precise percentuali sul materiale da non avviare alla discarica. Questo perché lo smaltimento dei RAEE, e dei fotovoltaici nello specifico, deve avvenire secondo dinamiche “ambientalmente” compatibili.
GlossarioRecupero: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. Riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. Riutilizzo: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti. Smaltimento: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. |
Il Decreto fa una distinzione tra moduli “storici” (gli impianti installati prima del 12 aprile 2014 dove il costo dello smaltimento ricade sul proprietario) e “nuovi” (installati dopo il 12 aprile 2014, invece, il costo dello smaltimento è a carico del produttore) e tra “provenienza domestica” (rifiuti prodotti da pannelli solari installati in impianti di potenza nominale inferiore a 10 kW) e “provenienza professionale” (rifiuti generati da pannelli fotovoltaici installati in impianti di potenza nominale superiore o uguale a 10 kW). Inoltre stabilisce anche che i produttori di pannelli fotovoltaici possano far fronte ai propri obblighi sia individualmente che collettivamente tramite un Consorzio, senza fine di lucro, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente.
Come si recupera o si ricicla un pannello fotovoltaico a fine vita?
Il nostro Paese è un mercato interessante per il fotovoltaico. Infatti, conta più di 880mila moduli fotovoltaici installati. Ma come si recupera o si ricicla un pannello fotovoltaico a fine vita? Non è un’operazione facile. Tanti e diversi sono i materiali che li compongono e per di più sono termosaldati tra loro: parliamo di alluminio, vetro, silicio, rame e plastiche varie. Queste ultime poi spesso non possono essere riutilizzate ma vengono bruciate per produrre energia (diventando CDR, combustibile derivato da rifiuti) proprio perché sono troppo eterogenee.
Il primo passo allora è pensare a nuovi modelli di gestione del fine vita e, più in generale, ripensare con uno sguardo più attento e tecnologico il ciclo di vita dei moduli fotovoltaici. Prima di “smontare” tutto quindi, mettere nel nostro vocabolario parole come riutilizzo e ricondizionamento (refurbishment).
Pensiamo ad esempio agli impianti energetici off-grid, cioè quelli non collegati alla rete pubblica, un grande aiuto per milioni di persone che non hanno energia elettrica all’interno delle loro abitazioni. In diverse zone povere del mondo, soprattutto in Africa e Asia, il marketing dei pannelli usati sta diventando un business dai grandi numeri. Tante sono le persone che potrebbero acquistare pannelli dall’efficienza sicuramente ridotta ma comunque sufficiente per generare energia laddove la rete manca. Un vantaggio economico per chi li vende, per gli acquirenti che potrebbero avere accesso a un mercato, quello dei pannelli nuovi, troppo costoso, e per l’ambiente meno sovraccaricato di rifiuti di questo genere che, secondo le stime, potrebbero raggiungere addirittura 78 milioni di tonnellate entro il 2050. Disponibilità di pannelli che aumenterà col tempo perché si tende a sostituirli prima del loro fine vita poiché quelli nuovi costano sempre meno e sono decisamente più efficienti. Certo facendo anche attenzione anche ai rischi che a volte ci possono essere in un mercato come questo, come ci ricorda questo articolo del Sole 24 ore.
Se parliamo di riciclo, diciamoci francamente che un riciclo al 100 per cento è piuttosto difficile, come per tutti i prodotti composti da diversi materiali assemblati insieme. Non c’è solo la polvere che si insinua nei filtri, ma materiali come l’acetato di vinile o il tedlar che non sono facili da reintrodurre nel mercato o la presenza di altri elementi quali l’argento e il piombo che possono essere recuperati solo tramite processi – economici e ambientali – piuttosto onerosi. Quando si è proprio bravi, “smaltire” un modulo fotovoltaico significa riuscire a dare una seconda vita a gran parte dei materiali che lo compongono, con percentuali di recupero che vanno dall’80 al 90 per cento.
Una valida eccezione, unica in tutto il Mezzogiorno d’Italia, è sicuramente rappresentata dall’impianto RV (all’interno della zona industriale di Taranto) di trattamento rifiuti e riciclo di Irigom, l’azienda pugliese specializzata da quasi venti anni nel recupero di materie prime, in particolare dagli pneumatici fuori uso (PFU). Parliamo di un impianto dotato di una moderna tecnologia di selezione delle materie attraverso sensori affidabili e innovativi. Grazie all’impiego di questa nuova e avanzata linea di trattamento meccanizzato totalmente automatizzata, l’impianto RV è in grado di trattare i pannelli fotovoltaici del tipo monocristallino e policristallino per il loro completo recupero.
Esistono solo quattro impianti simili in tutta Italia e quello di Taranto è dicevamo, l’unico al Sud. Prima di questo, infatti, nessun impianto era in grado di effettuare un recupero materico del 100%, andando a scartare i materiali di difficile recupero o pulizia che finivano ovviamente in discarica.
La normativa italiana, il già citato decreto legislativo 49/2014 ci impone infatti di recuperare “solo” l’85 per cento dei materiali (in peso) di un pannello: ciò vuol dire che basterebbe recuperare semplicemente le cornici e il vetro per essere a norma. Purtroppo è nel resto dei materiali che si nascondono i metalli più preziosi, un recupero che richiede la maggiore quantità di energia e tecnologia.
In media, da un modulo di 21 kg si possono ottenere: 15 kg di vetro – che rappresenta il 70 per cento circa del peso complessivo di ogni unità – 2,8 kg di materiale plastico, 2 kg di alluminio, 1 kg di polvere di silicio e 0,14 kg di rame. Con il vetro e il silicio in particolare, si possono produrre materiali isolanti.
Benefici ambientali, ma anche economici sia chiaro. IRENA, l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili, li ha calcolati. Completamente re-iniettato nel circolo economico, il valore del vetro e delle altre materie recuperate prime potrebbe superare i 15 miliardi di dollari entro il 2050.
Riciclaggio o riutilizzo per sbloccare tonnellate di materie prime e altri componenti di valore e per creare opportunità economiche e ambientali.