Diritto alla riparazione per ridurre i rifiuti Raee

Diritto alla riparazione per ridurre i rifiuti Raee
12 Febbraio 2021 Antonio Lucarella

La riduzione dei RAEE, da parte dell’Unione Europea, passa per l’approvazione del diritto alla riparazione e per la lotta all’obsolescenza programmata, specie quando il riciclo non basta da solo ad abbandonare il consumismo di massa in favore dell’economia circolare.

Il diritto alla riparazione (dall’inglese right to repair) per ridurre i rifiuti Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) sta diventando sempre più una realtà in Europa.

Infatti, il 25 novembre scorso il Parlamento europeo ha fatto un passo in avanti nel riconoscimento del right to repair: ha approvato con 395 voti favorevoli, 95 contrari e 207 astenuti la nuova risoluzione che accoglie e sviluppa le indicazioni contenute nel nuovo piano d’azione per l’economia circolare adottato dalla Commissione europea nel marzo 2020.

Il piano prevede l’introduzione di nuovi modelli di mercato che abbiano un consumo e una produzione sostenibili, perciò nei prossimi anni saranno contemplati interventi sul ciclo di vita dei prodotti che portino ad estendere la durabilità e migliorare la riparabilità dei dispositivi.

La risoluzione approvata dal Parlamento viaggia in questa direzione: garantisce ai consumatori lo smontaggio, la riparabilità e l’allungamento della vita dei prodotti elettrici e elettronici.

Attualmente non conviene più riparare smartphone, televisori, lavatrici o frigoriferi visti gli elevati costi per far aggiustare un singolo componente o la difficoltà a smontare un elettrodomestico o un cellulare. Si preferisce più spesso smaltire il prodotto e sostituirlo con uno nuovo, aumentando così la produzione dei rifiuti elettronici.

L’Unione Europea vuole rimuovere proprio gli ostacoli che impediscono la riparazione e il riutilizzo dei prodotti, anche perchè dietro questa ambizione si cela una volontà ferrea a contrastare il fenomeno dell’obsolescenza programmata e a sostenere fortemente la riduzione dei RAEE.

Purtroppo, il riciclo non basta da solo a ridurre i rifiuti RAEE. E’ quasi impossibile fare fronte ai volumi di RAEE che vengono prodotti in Europa: gli sforzi per recuperare in maniera sostenibile i dispositivi usati non tengono il passo degli alti tassi di produzione dei dispositivi nuovi. Il riciclo è l’attività che consente di mettere, a disposizione delle aziende produttrici, una materia nuova da cui produrre nuovi device ed è proprio dalla fabbricazione delle componenti elettroniche di un device che deriva una maggior impronta di carbonio rispetto al semplice utilizzo del device stesso.

Secondo il “Global E-waste Monitor 2020”, il report delle Nazioni Unite sui rifiuti elettronici, sono proprio i paesi europei  a produrre più RAEE: in media, gli europei producono 16,2 kg all’anno di rifiuti elettronici, mentre l’Asia e l’Africa hanno generato rispettivamente solo 5,6 e 2,5 kg pro capite e le attuali 53,6 milioni di tonnellate (Mt) potrebbero diventare 74 Mt entro il 2030. Un record continuamente alimentato da tassi di consumo elevati di apparecchiature elettriche ed elettroniche, dai brevi cicli di vita e dalle poche opzioni di riparazione. Inoltre, solo il 17,4% di questi RAEE viene raccolto e riciclato.

E’ necessario riconoscere i limiti del riciclo nell’elettronica e sviluppare approcci più efficaci per affrontare il crescente problema di rifiuti elettronici. Aumentare i nostri sforzi per prolungare la vita dei dispositivi, tenerli fuori dalle discariche e dare loro una seconda e una terza vita, sembra essere l’approccio più pratico e intelligente per contrastare il fenomeno dell’obsolescenza programmata che guida un’industria tecnologica che sembra prosperare solo immettendo sempre nuova elettronica sul mercato. Le nostre speranze non devono basarsi solo sul riciclaggio. Per avere un impatto veramente sostenibile sulla questione dei rifiuti elettronici, dobbiamo produrre di meno per inquinare di meno: può avere un effetto significativo sul loro impatto ambientale solo l’estensione della vita dei dispositivi attualmente in circolazione.

E, come abbiamo detto poc’anzi, l’obiettivo dell’Europa sembra convergere su questi punti, ma prima di veder cosa chiede nello specifico il Parlamento europeo alle case produttrici, apriamo una parentesi su cos’è il diritto alla riparazione e come funziona nella lotta contro obsolescenza programmata.

Diritto alla riparazione: cos’è e come funzione il right to repair contro obsolescenza programmata

L’Europa si è posta l’obiettivo di combattere l’obsolescenza programmata.

Ma cos’è l’obsolescenza programmata? Solitamente si fa riferimento ad una particolare politica commerciale adottata dalle aziende produttrici che ha lo scopo di anticipare prematuramente il fine vita di un prodotto, come uno smartphone o un tablet, spingendo così i consumatori ad acquistare nuovi prodotti nelle versioni più recenti.

L’obsolescenza programmata inizia dalla fase di progettazione: il prodotto viene progettato in origine per avere una vita limitata, accorciando il potenziale di utilizzo e di conseguenza riducendo i tempi per una sua sostituzione o riparazione e aumentando i profitti per le aziende, i costi per i consumatori e la quantità di rifiuti e risultare dannosa per l’ambiente. E’ una prassi consolidata soprattutto nella progettazione degli strumenti elettronici, quali cellulari, lavatrici, frigoriferi. Una volta acquistato il prodotto, dopo un paio di anni, non vengono più rilasciati gli aggiornamenti, le nuove applicazioni non sono più compatibili con il sistema operativo esistente ecc…: il consumatore percepisce che il suo device è diventato tecnologicamente vecchio e corre a comprare l’ultimo modello uscito sul mercato. In questo caso si parla di obsolescenza percepita: la moda condiziona i consumatori ai percepire un prodotto come vecchio non tanto per le sue prestazioni quanto per la presenza di nuovi modelli ritenuti più moderni.

Quel che appare evidente è che l’obsolescenza è un fenomeno che spinge a mantenere alti i livelli consumismo, comportando un intensivo sfruttamento delle risorse e una notevole produzione di rifiuti. Per questo motivi da tempo l’Unione Europea lavora per promuovere la durabilità dei prodotti, strategia base dell’economia circolare ed entro il 2021 la Commissione Europea riconoscerà il diritto alla riparazione.

Il Right to Repair (diritto alla riparazione) è un disegno di legge che obbliga i produttori di apparecchi elettronici a rispettare criteri di progettazione e montaggio che siano facili da riparare anche dall’utente stesso e di distribuire parti di ricambio e istruzione per la riparazione.

Per evitare il problema dell’obsolescenza prematura, bisogna obbligare i produttori a garantire la disponibilità di pezzi di ricambio, la riparabilità del prodotto e la possibilità di aggiornare componenti o software dei prodotti. Nei piani dell’Europa c’è la volontà di adottare nuove misure normative per telefoni cellulari, tablet e laptop, rispondenti alla direttiva sulla progettazione ecocompatibile. L’80% dell’inquinamento ambientale e il 90% dei costi di produzione, infatti, sono il risultato di decisioni prese in fase di progettazione del prodotto.Gli smartphone ne sono un esempio lampante: l’80 % dell’impronta di carbonio dei dispositivi è generata durante la produzione e solo il 15 % dei telefoni viene raccolto e riciclato al termine della vita utile.

Molti produttori sono contro questa proposta di legge. Al centro della disputa c’è la preoccupazione che, rendendo i dispositivi riparabili da chiunque, si apra la porta a infrazioni di sicurezza e si rendano disponibili dei competitor i segreti industriali sul prodotto, togliendo qualunque vantaggio competitivo acquisito grazie a brevetti registrati ed esperienze aziendali.

Nonostante queste dispute con le lobby aziendali, la direzione europea vuole andare avanti con il Circular Economy Action Plan, il piano d’azione presentato nel marzo 2020 per un continente più pulito e competitivo: è, infatti, al centro del Green Deal europeo e prevede iniziative per l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione e produzione al consumo, alla riparazione, al riutilizzo, al riciclaggio e al ripristino delle risorse nell’economia.

Secondo i dati raccolti dalla Commissione, applicando tutte le misure previste per l’economia circolare nella UE, il Pil trarrebbe un cospicuo beneficio, con un aumento dello 0,5% entro il 2030, creando, inoltre, ben 700 mila nuovi posti di lavoro.

Il diritto alla riparazione approvato dal Parlamento avrà un ruolo fondamentale in queste tematiche e segnerà un nuovo passo verso un’Europa più green. Andiamo a vedere cosa di preciso i parlamentari europei pretendono dalle case produttrici.

Diritto alla riparazione: etichettatura obbligatoria e indice di riparabilità. Ecco cosa chiede il parlamento europeo.

Il 25 novembre scorso l’Europarlamento ha approvato la risoluzione sul diritto alla riparazione che prevede l’introduzione di un indice di riparabilità e un’etichettatura obbligatoria dei prodotti elettronici. Riparare gli oggetti, anziché sostituirli o buttarli via, servirà ad avere anche meno rifiuti, soprattutto elettronici.

La risoluzione “Verso un mercato unico più sostenibile per le imprese e i consumatori” è in sintonia con il nuovo Green New Deal della Commissione perché si concentra  sulla elettronica e sulle ylc come settori prioritari in cui attuare il diritto alla riparazione, introducendo l’obbligo di un’etichetta, apposta sulla confezione, in cui sia indicato il grado di riparabilità di un prodotto.

E’ stato fatto un altro passo in avanti contro l’obsolescenza programmata e la riduzione dei rifiuti Raee, in un’ottica dell’aumento della sostenibilità basata sul riutilizzo dei prodotti.

Un passo che si va a sommare a quelli che sono già stati fatti con la risoluzione del 31 maggio 2018 sulla progettazione ecocompatibile (2009/125/CE), nota come direttiva Ecodesign. Quest’ultimo pone il focus sulla progettazione, sottolineando che vanno considerare tutte le  caratteristiche di un prodotto che hanno un impatto sull’ambiente: composizione, durabilità, smantellamento, riparabilità e riciclabilità.Come afferma il relatore, l’eurodeputato francese David Cormand:il Parlamento europeo ha inviato un messaggio chiaro: etichettatura obbligatoria armonizzata che indichi la durabilità e lotta all’obsolescenza prematura a livello europeo sono le vie da seguire”.

E non vanno dimenticati i cittadini. Secondo un sondaggio Eurobarometro, il 77% dei cittadini dell’UE desidera riparare i propri dispositivi elettronici piuttosto che sostituirli e il 79% è convinto che i produttori dovrebbero essere obbligati a rendere più facile la riparazione dei dispositivi o la sostituzione delle singole parti: più di ¾ dei cittadini europei vuole riparare i prodotti, ma è scoraggiato a farlo a causa dei prezzi di riparazione troppo alti e anche dalle scarse informazioni sulla durabilità del prodotto che acquista.

Ora tocca alla Commissione recepire queste linee guida e renderle operative creando un sistema di valutazione del grado di riparabilità di ogni prodotto tecnologico

Se l’obiettivo del Green Deal è fondare un mercato unico sostenibile che promuova la concezione di prodotti e servizi durevoli, allo stesso modo gli obiettivi fissati dalla risoluzione prevedono il miglioramento della riparabilità, il prolungamento la durata dei prodotti, l’incoraggiamento alle scelte di consumo sostenibili e alla cultura del riutilizzo.

Per realizzare questi obiettivi la risoluzione prevede una serie di prescrizioni per le case produttrici. Una di queste è l’introduzione di un’etichetta obbligatoria, posta sulla confezione del prodotto che dovrà fornire informazioni sul grado di riparabilità e sulla durata stimata del prodotto in modo che il consumatore possa decidere se acquistare o meno un apparecchio elettronico.

L’etichettatura dovrebbe includere un punteggio di riparabilità sul modello di quello francese che attraverso una scala da 0 a 10 segna il grado di riparabilità sulla confezione di un qualunque dispositivo elettronico. Lo scopo è duplice informare i cittadini e tutelare l’ambiente, garantendo all’acquirente la piena coscienza di quanto un prodotto sia più o meno riparabile e quindi sostenibile.

Tutti devono essere messi in condizione di poter riparare il prodotto acquistato e per rendere praticabile il diritto alla riparazione, il Parlamento sottolinea che, al momento dell’acquisto di prodotto elettronico, il consumatore deve poter accedere facilmente a ulteriori informazioni, come quelle sulle istruzioni per riparare e smontare un prodotto, sulla disponibilità dei pezzi di ricambio, sul costo medio delle componenti che si possono sostituire sui tempi approssimativi per la riparazione.

Questa risoluzione mette nella mani dell’Europa strumenti importanti per contrastare l’obsolescenza programmata, realizzare un passaggio effettivo all’economia circolare. La transizione dal modello di crescita lineare legata al “prendi, produci, usa, getta” ad un modello circolare si basa sulla permanenza dei beni e delle risorse nel sistema economico, riducendo così la domanda di nuove materie prime e la produzione di rifiuti RAEE.

Il diritto alla riparazione in Italia

Ma come funziona il diritto alla riparazione oggi in Italia?

Nel caso il prodotto risulti difettoso, il consumatore ha diritto a chiedere la sua riparazione o la sostituzione entro due anni dalla consegna del bene, ma la scelta tra riparazione, sostituzione, rimborso non è sempre conveniente.

Le principali proposte di legge che viaggiano sui binari della circolarità e del rispetto delle linee guida europee sono: una per il contrasto all’obsolescenza programmata dei beni di consumo, a prima firma del sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Gianluca Castaldi; l’altra sul ‘Diritto alla riparazione’ della deputata Ilaria Fontana, vicepresidente del gruppo Movimento 5 Stelle alla Camera, parte della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici. Fontana, che è stata tra le prime a parlare della possibilità di un diritto alla riparazione, afferma infatti che: “Quando gli oggetti che possediamo diventano obsoleti, o hanno bisogno di parti di ricambio, ci rendiamo subito conto che ripararli o aggiornarli può non essere possibile oppure avere un costo troppo elevato. Ogni consumatore deve avere, al momento dell’acquisto il diritto alla riparazione, ovvero la garanzia di poter prolungare la vita utile del bene che sta per comprare. Il mio progetto di legge depositato alla Camera punta a creare un mercato di pezzi di ricambio integrato nei centri di raccolta comunali e nei piani di gestione dei rifiuti regionali. Ma anche semplificare il contesto normativo esistente consentire che la riparazione abbia gli stessi requisiti che esistono oggi per il riuso”.

Al di là dell’aspetto legislativo, in Italia a promuovere il right to repair sono i movimenti come i Restartes e i Repair Cafè. Attivi in molte città d’Italia, sono promotori della campagna internazionale Repair.eu che da anni lotta per il riconoscimento del diritto alla riparazione e organizzano eventi gratuiti come i Restart Party, dove tanti eco-volontari insegnano a riparare prodotti elettronici e l’importanza della riparazione come passo necessario per ridurre i rifiuti Raee.

Verso un cambiamento di paradigma: dal consumismo di massa all’economia circolare

Non ci sono dubbi: lo stile di vita europeo basato su un sistema di consumo eccessivo, ove i produttori promuovono una sfrenata sostituzione dei prodotti a causa della loro obsolescenza prematura, supera ampiamente le risorse del pianeta.

È fondamentale cambiare paradigma: i nostri modelli di produzione e consumo in Europa non sono più sostenibili. Dobbiamo iniziare a concepire il mercato unico come un luogo in cui prevalgono la sostenibilità ambientale e la protezione dei consumatori.

Molto dello sviluppo di un’economia circolare dipende dalla progettazione dei prodotti, determinando se tali prodotti saranno sostenibili, riparabili e facilmente smontabili e riciclabili al termine della loro vita In tal senso, l’UE prevede misure volte a raggiungere un’economia più sostenibile in materia di prevenzione dei rifiuti e di progettazione dei prodotti. Infatti, l’impatto dei nostri prodotti in termini di carbonio è in larga misura legato alla loro produzione: riprogettare il nostro modello produttivo diventa fondamentale.

In media, il 70% dei cittadini europei preferirebbe riparare i propri prodotti anziché sostituire i beni difettosi. Ciononostante, attualmente i venditori favoriscono di gran lunga la sostituzione dei prodotti.

Se dal canto loro i consumatori sembrano essere disposti a impegnarsi in tale cambiamento, restano ancora numerosi ostacoli da superare come porre fine all’obsolescenza prematura dei prodotti, che accorciare deliberatamente la vita di un prodotto o  ne impedisce la riparazione. L’obiettivo è favorire i produttori che progettano prodotti sostenibili che siano anche riparabili per poter restare sul mercato il più a lungo possibile.

Le misure europee previste comprendono una serie di strumenti che spaziano da un’informazione chiara per i consumatori alla lotta alle pratiche commerciali sleali. Le misure puntano a garantire la liberalizzazione della riparazione dei prodotti sul mercato europeo, rendendola accessibile dal punto di vista finanziario, e a sostenere i riparatori indipendenti in quanto sono una rete di occupazione locale fondamentale. Ciò vuol dire fornire informazioni a monte sul grado di riparabilità di un prodotto, garantire la disponibilità di pezzi di ricambio al termine della catena del valore, assicurare tempi di riparazione limitati e l’accesso alle informazioni relative alla riparazione sia per i venditori che per i riparatori indipendenti, nonché per i consumatori, al fine di incoraggiarli a riparare da soli i propri prodotti.

La crisi della COVID-19 ha dimostrato quanto le nostre economie siano fragili. Ora è il momento di concretizzare i buoni propositi per conseguire un vero cambiamento di paradigma verso un’economia resiliente e meno consumistica, in cui i consumatori hanno la garanzia di acquistare prodotti e servizi riparabili.

Hai rifiuti RAEE da smaltire? Siamo al tuo servizio

Nel frattempo, intanto che il diritto alla riparazione diventi realtà, se hai bisogno di disfarti di smartphone, televisori, lavatrici, frigoriferi, ecc…puoi rivolgerti, se sei un cittadino al centro di raccolta rifiuti del tuo comune, se sei una piccola, media o grande impresa devi richiedere il ritiro ad aziende specializzate come Serveco compilando la richiesta a questa pagina.

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3 Commenti

  1. Rocco Pentassuglia 3 anni fa

    Articolo molto chiaro e di ottimo livello divulgativo.

  2. Redazione 3 anni fa

    Grazie per il commento. Ci mettiamo l’anima. Quello che scriviamo è quello in cui crediamo e che facciamo.

  3. Pietro Caramia 3 anni fa

    Finalmente possiamo fare chiedere “Centri di Riuso”;

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